Ventaglio pieghevole – Italia 1620 circa
misura della cornice cm.18 x 29,6
misura della pagina cm. 11 x 25,7
La pagina è di pelle di capretto dipinta, smontata ed applicata su una tavola sagomata.
Una originale cornice di legno con boccioli dorati, lavorati a tutto tondo, ne evidenzia il contorno.
A scena rappresenta un episodio legato al mitico Ercole. L'avvenimento narrato è il prodromo della morte dell'eroe. Ercole, accompagnato dalla moglie Deianira, era partito alla volta di Trachine e dovendo passare a guado il fiume Eveno aveva accettato l'offerta del centauro Nesso di portare sul dorso sino all'altra riva Deianira.
Accortosi però che il centauro tentava di fuggire con lei, gli scoccò una freccia avvelenata che aveva intinto nel sangue dell' Idra di Lerna.
Nesso, prima di morire, volle prepararsi una terribile vendetta : mormorò a Deianira di togliergli, non appena trapassato, la camicia, di intingerla nel sangue delle sue ferite e di conservarla come talismano. Se, un giorno, il suo sposo non l'avesse più amata, avrebbe dovuto farla indossare all'eroe per assicurarsi la sua fedeltà.
Il momento descritto sulla pagina del ventaglio è proprio questo.
Quando poi Ercole si innamoro' di Jole, Deianira, lontana, gli mandò tramite lo schiavo Lica la tunica intinta nel sangue di Nesso, ignorandone la reale pericolosità.
L' eroe indossato l'indumento, ad una lenta morte tra tormenti atroci, preferì il rogo.
Il pittore ha saputo cogliere in modo realistico, quasi partecipe, il momento in cui avviene il ferimento di Nesso, mettendone in risalto la drammaticità e la solennità.
La figura della divinità fluviale, di Ercole, di Deianira e del Centauro, emergono sulla parte frontale della scena, la luce ne mette in evidenza i volti, gli atteggiamenti, i gesti di grande naturalezza, che rivelano sentimenti ed emozioni veri e profondi.
Il corpo del centauro Nesso, tragicamente solo ed ormai morente, giace in primo piano, sulla destra, bilanciando tutta la scena.
La costruzione del paesaggio in cui si distingue la caratteristica presenza dell'acqua, l'intensità del colore del cielo sono altrettanti elementi che indicando la grande qualità del dipinto, ne hanno consentito l'attribuzione al Domenichino ( Domenico Zampieri, Bologna 1581 – Napoli 1641).
Testo tratto da: “ UN SOFFIO DI VANITA'” Roma De Luca Edizioni d'Arte s.p.a 1989
a cura di Amalia Filippini Sacchetto
Esposto alla mostra " Ercole e il suo mito" Venaria Reale di Torino da marzo 2019 a ottobre 2019