Virgilio Augusto ed Ottavia
Lunghezza cm.25
Apertura cm. 47
Stecche 18 + 2
Italia (?) 1770
Ventaglio dipinto su pelle di capretto e montato alla francese. La scena, a tutta pagina, presenta tre figure abbigliate all'antica: Cesare Augusto,la sorella Ottavia e Virgilio che sta declamando i suoi versi.
Il pittore colloca il momento su uno dei colli romani, probabilmente il Palatino sede dei palazzi imperiali, nello sfondo gli edifici di Roma; sulla sinistra un’allegoria di fiume.
La tipologia delle figure e dei volti, cosi' arrotondata, fa propendere per una produzione italiana; il fatto poi che i personaggi abbiano un pesante belletto rosso ricorda la moda dell'ultimo periodo del regno di Luigi XV. (Abrégé du journal de Paris, vol.I 1787)
Le stecche in avorio finemente traforate, seppure molto ravvicinate, hanno gia' la forma semplice ed ariosa tipica della moda Luigi XVI.E' interessante il leggerissimo decoro d'oro a punta di pennello che incornicia la pagina in entrambi i lati.
Sul recto una fanciulla gioca con due amorini alati, immancabili la face (fiaccola) d'amore e la faretra.
Note
Si narra che quando Virgilio lesse l’ Eneide, diciamo in anteprima, ad Augusto ed Ottavia, questa venne presa da mancamento per l'emozione allorché nel VI libro apprese la diretta discendenza della famiglia Giulia da Iulo o Ascanio figlio di Enea a sua volta figlio della Dea Venere.
4/12/2011
Il Prof. G. Rimondini specifica:
….Virgilio che legge il sesto libro dell'Eneide ad Augusto e alla sorella Ottavia, devo dirti che Ottavia non sviene perché “apprende” che discende da Enea, ma perché nel sesto libro ci sono le lodi di suo figlio Marcello, erede di Augusto e morto giovane [forse fatto fuori da Livia, moglie di Augusto che voleva aprire la via della successione ai suoi figli Tiberio e Druso, della famiglia Claudia]; chi parla è Anchise, che Enea è andato a trovare negli Inferi, sta raccontando la discendenza di Enea:
Heu miserande puer! si qua fata aspera rumpas
Tu Marcellus eris. Manibus date lilia plenis,
Purpureos spargam fibres animamque nepotis.
"...Giovinetto ben degno di pianto, così vinca tu l'aspro fato, / tu Marcello sarai. A piene mani, oh! mi date / gigli, ch'io sparga fiori purpurei, che l'anima colmi / di doni, e faccia, almeno, al nipote questo inutile onore." Sono i versi 883-885, ma tutto l'episodio è nei versi 860-885 del Libro VI dell'Eneide.